Una delle domande che più mi sento ripetere in ambulatorio in questo periodo è: “come faccio a seguire la dieta in vacanza?”. Quesito più che legittimo, a cui rispondo di volta in volta con consigli ad hoc per il paziente, dopo aver preso informazioni sui posti in cui verranno consumati i pasti (hotel, bar, ristoranti, pranzi in spiaggia…), sempre tenendo conto dell’attività fisica che verrà svolta (vacanza attiva o spiaggiati sotto l’ombrellone?) e degli obiettivi che ci siamo dati nel nostro percorso.
A onor del vero -i miei pazienti lo sanno- sono la prima a dire che la vacanza deve essere vissuta senza stress: più che insegnare come seguire la dieta anche in quel periodo, spiego come è bene gestire gli sgarri bilanciando adeguatamente il pasto o il resto della giornata. Conto sul fatto che durante gli appuntamenti con me i miei pazienti abbiano imparato che cosa si intenda per ‘alimentazione bilanciata e salutare’, e che quindi la vacanza non diventi un furbo pretesto per abbuffarsi di tutti i cibi proibiti o limitati durante il dimagrimento. Chi apprezza il mangiar sano non farà fatica a trovare le opzioni migliori anche fuori casa, senza che questo sia un sacrificio: diventa una scelta automatica e naturale, perché ci si vuole bene e si impara ad ascoltare il proprio corpo con le sue esigenze… voglia di golosità compresa, se *in equilibrio*!

Un contesto nel quale diventa indubbiamente più complicato destreggiarsi con le norme di un’alimentazione sana è l’estero: ammettiamolo, in Italia è difficile mangiare male. Basta evitare i fast-food americanizzati, e bene o male ce la caviamo egregiamente tra trattorie, ristoranti e bistrò. Se facciamo attenzione a non ordinare piatti dai condimenti pesanti e se non esageriamo sette giorni su sette di vacanza, possiamo trovare ovunque verdure e insalate fresche, secondi di carne o pesce con cottura semplice (in estate, ottimi anche i carpacci e le tartare!), insalatone miste, primi piatti non farciti di panna e formaggi. Stando nel Belpaese e avendo una solida educazione alimentare di base, rischiamo più di abbondare nelle quantità (e di lasciarci prendere dalla gola) che non sbagliare la qualità di quello che ordiniamo.

All’estero tutto diventa più difficile: non hanno le nostre abitudini, fanno pasti più pasticciati e ricchi, hanno orari diversi dai nostri. Anche a non essere a dieta dimagrante, è complicato fare scelte sane. Insomma, di ritorno da Berlino, Londra o dai Paesi Scandinavi potremmo davvero essere appesantiti.
Ho dunque pensato di stilare per voi un vademecum per l’alimentazione sana all’estero (applicabile nei suoi principi anche in Italia). Inoltre, ho pensato a un progettino che spero possa essere utile a chi capiterà su queste pagine: con la collaborazione di lettori volontari residenti all’estero per motivi di studio o di lavoro, mi piacerebbe stilare delle schede alimentari con consigli ad hoc per diversi stati e diverse città. Come esempio ho pensato di fare la panoramica di Brighton, che trovate sotto il vademecum: come molti di voi sapranno, mio fratello risiede lì da un paio d’anni come studente, e io stessa ci sono stata qualche volta.

Quindi… AAA: volontari cercasi! Se abitate all’estero o se avete una conoscenza approfondita di una particolare città, contattatemi privatamente (mail a info@alimentazioneinequilibrio.it) in qualsiasi momento: ci terrei ad arricchire sempre di più la lista “eat abroad” nel corso del tempo!

Ma cominciamo con le indicazioni generali…
Come mangiare sano all’estero?

Dressing on the side. In Italia ordiniamo un’insalata mista e ci viene portato olio e aceto a parte: all’estero no. L’insalata arriva già unta, e magari fosse il nostro amato olio extravergine d’oliva! Si usano, purtroppo, dressing a base di yogurt o panna, o emulsionati con oli vegetali, e arricchiti con salsa di soia e insaporitori vari. Chiediamo esplicitamente che i condimenti ci vengano serviti a parte, magari in una ciotolina (bowl) piccola, cosicché possiamo regolare noi stessi i grassi e il sale.

No dressing please on my meat/fish. Che si tratti di carne grigliata o pesce al forno, i secondi piatti vi verranno inevitabilmente serviti cosparsi di mayonese o salse simili. Meglio specificare che vogliamo un secondo piatto semplice, senza salse: pensate che potremmo risparmiare ben 1-2 g di sale nascosto e 4 g (1 cucchiaino) di zucchero – sì, zucchero!
Small portion. Che sia America, Inghilterra o Danimarca, all’estero le porzioni sono tendenzialmente più grandi rispetto a quelle che vengono servite da noi. Se avete la possibilità di allungare l’occhio sugli altri tavoli e le porzioni vi sembrano esagerate, chiedete una porzione per bambini o una mezza porzione per adulti.
Cappuccino (e bevande a base di latte): se siete stati all’estero, avete mai notato che i loro cappuccini e il latte macchiato da asporto è più dolce rispetto al nostro? Vuol dire che ci aggiungono zucchero? Non proprio… In Inghilterra hanno una mania per il latte e per i cappuccini: giuro di aver visto persone mangiare pizza e cappuccino alle tre del pomeriggio, e mio fratello da Brighton mi conferma che il reparto ‘latte’ al supermercato è rifornito di varietà di ogni genere. Forse anche a causa di questo abuso, l’Inghilterra è un paese nel quale è diffusissima l’intolleranza al lattosio, che causa meteorismo e dissenteria. Soluzione: le catene da asporto si sono convertite in massa al latte delattosato, che viene usato di default e non come alternativa; la prassi è abbastanza diffusa anche nei paesi Scandinavi, oltre che -ovviamente- in America. Bene, direte voi, meglio così per gli intolleranti! Diciamo… nì. Qui avevo parlato dell’intolleranza al lattosio: leggerete che non è sufficiente scegliere prodotti delattosati per risolverla; ma quello che mi preme sottolineare ora è un altro fatto: il latte delattosato non contiene il disaccaride lattosio, ma i monosaccaridi (zuccheri semplici!) di cui il lattosio è composto, vale a dire glucosio e galattosio. Tanto più il processo enzimatico è spinto, quanto più troveremo glucosio nel latte. Più glucosio vale a dire più zucchero, e più zucchero vale a dire maggiore indice glicemico, con tutti gli scompensi insulinici che ne derivano, compresa una maggior predisposizione a trasformare quegli zuccheri in grasso. 
Dunque, anche se fa tanto Sex and The City o Il diavolo veste Prada, evitate di prendervi due “Latte” al giorno, anche se nella versione “skinny” (ossia, scremato). Ho provato ad andare sul sito di Starbucks (la più famosa delle coffeehouse inglesi e americane) e ho calcolato, per curiosità, il quantitativo di zuccheri in un caffelatte semplice fatto con latte scremato, porzione piccola: 14 g di zucchero. Tre cucchiaini. Fate voi se questo è light…

Green salad as sides. Sui menu viene spesso specificato che il “main course” (piatto principale) viene servito un contorno del giorno; ecco, non credeteci troppo: il contorno è sempre, inevitabilmente, patate. Magari un giorno fritte un giorno saltate, un giorno come purè e un giorno al forno, ma sempre di patate si tratta. Informatevi quale sia il suddetto “side of the day” e se si tratta di patate, chiedete che venga sostituito con dell’insalata verde (senza dressing!). Per carità: non ho nulla contro le patate… Le mie perplessità sono riguardo gli oli e le margarine con cui vengono cotte, oltre che l’ingente quantitativo di sale aggiunto!
Vegan friendly. Sta prendendo piede anche in Italia indicare sul menu i piatti adatti ai vegetariani (a volte anche ai vegani), ma di certo all’estero vi è più attenzione a riguardo: esistono molti più ristoranti, bistrò e caffetterie dedicate unicamente al mondo veg. Peccato che, come ho avuto modo di constatare, questo spesso equivalga all’utilizzo cospicuo di soia di ogni genere e forma (qui avevo parlato dei prodotti industriali di soia) e di… fritti, pane bianco, “affettati” vegetali zeppi di conservanti e insaporitori. No, non si può proprio dire che in questo caso valga l’equazione veg = healthy.
Spezie. All’estero amano il piccante molto più che in Calabria: che sia peperoncino, curry, jalapeño o altro, sette voci su dieci sul menu saranno di piatti piccanti. Molto piccanti. Troppo piccanti. Se anche amate i gusti forti, forse è meglio se non sfidiate voi stessi e le vostre papille gustative, a meno che non vi troviate in un ristorante affidabile. In più, tenete sempre bene a mente che un ristorante che abusa con il piccante potrebbe con tutta probabilità essere un ristorante che ha materie prime scadenti, per non dire avariate (avete presente “Ristoranti da incubo”, la serie di Gordon Ramsay? Ecco…). Il piccante copre il gusto di materie prime non freschissime, oltre che essere un antimicrobico in caso di “inquilini” sgraditi. Pensateci.
Se è italiano, non fidatevi. La cucina italiana ha grande successo all’estero, ma è lontana anni luce a quello cui siamo abituati noi: è una cucina italiana “esterizzata”, per così dire, ossia adattata ai palati di chi è abituato a molto più sale, molto più zucchero, molto più unto e molto più pasticciato rispetto a noi. Anche un semplice piatto di spaghetti (o un cappuccino, come abbiamo visto) non è come quello che potremmo avere da noi.
I dolci. Fate.estrema.attenzione.ai.dolci. Hanno una concentrazione di zuccheri elevatissima: lo zucchero è usato abbondantemente sia per gli impasti che per le coperture e gli accompagnamenti (sciroppi, topping e simili). A questo si associa una cospicua quantità di grassi vegetali, spesso idrogenati ricchi di grassi trans. 
Giusto per darvi un’idea, un muffin ai mirtilli di Starbucks, contiene 60 g di zucchero (12 cucchiaini) e 17 g di grassi. Le bevande dolci sono molto più zuccherine di quanto possa essere una nostra granita: un frappuccino piccolo (Starbucks), ad esempio, contiene 53 g di zucchero, pari a 10 cucchiaini!

– Evitate tutto quello che è: crunchy, tasty, salty, breaded, caramelised e così via. Dietro questi aggettivi si nascondono panature, fritture, zuccheri, sale e insani oli vegetali.
Snack furbi. Se dopo la prima giornata vi siete già resi conto che mangiare sano è una dura impresa (a meno di andare nei costosi ristoranti), vi consiglierei di fare una capatina al primo supermercato che trovate: potete acquistare snack salutari da tenere in borsa o da mangiare al momento. Ad esempio, frutta fresca, frutta secca (assicurandovi che non sia salata), yogurt bianco, pane nero (ho constatato che all’estero è più facile che da noi trovare pane *veramente* integrale, anche di segale) o eventualmente gallette di riso. Magari non potranno essere le alternative più consapevoli in assoluto, ma sono quelle migliori che avete a disposizione in quel momento.

Brighton – I consigli per mangiare bene
[Grazie a mio fratello Sergio!]

1. Come nel resto del Regno Unito, anche a Brighton potreste trovare esposta una vetrofania riguardante l’igiene del locale indicante un punteggio da 1 a 5 all’interno. Si trova in tutti i posti che somministrano cibo: ristoranti, bistrò, caffetterie, take-away, pub, ma anche supermercati, ed è un’iniziativa della Food Standars Agency: un ispettore visita l’attività senza preavviso, e dà il punteggio in base a un questionario di valutazione sulle condizioni del locale, il rispetto del sistema HACCP e la manipolazione del locale. 5 è il punteggio più alto. Purtroppo non è obbligatorio esporre la vetrofania, ma sul sito dell’Agenzia (qui) è possibile inserire il nome del locale in cui vorreste entrare e vedere che punteggio ha raggiunto. Visto che punteggi alti sono motivo di vanto e un fiore all’occhiello del locale, c’è da sospettare quando non vedete la vetrofania.

igiene

2. A Brighton è attiva una cooperativa biologica indipendente, che adotta i principi di eticità e sostenibilità del commercio equo&solidale. Troverete frutta e verdura, pesce, carne, alimenti sfusi, prodotti per la casa, e un angolo caffetteria, quasi tutti prodotti locali e provenienti da piccole aziende. I prezzi sono bassi, più bassi dei tradizionali biologici proprio perché non si tratta di biologico “commerciale”: qui potrete trovare snack adatti al vostro weekend sul mare inglese. L’indirizzo del negozio è 20-21 York Place, Brighton, e questo è il sito.

3. Altro negozio bio e sostenibile è Infinity Foods (25 North Road, qui il sito); tutti i prodotti sono al 100% vegetariani. Troverete davvero di tutto: frutta secca di ogni tipo, panetti di cocco per farne burro, farina di carrube, chips di cavolo nero in sacchetto, burro di sesamo nero, cioccolato crudo… I costi non sono bassi, quindi se acquistate qualcosa non fate come la sottoscritta: assicuratevi che sia trasportabile in bagaglio a mano. O sarete costretti a lasciare il vostro panetto di silk tofu e il vostro vasetto di burro d’arachidi gold in aeroporto (storia vera, sigh).

4. terre à terre (scritto proprio in minuscolo) è un ristorante vegetarian-chic di Brighton. Sbirciate qui il loro menu: forse un po’ troppo arzigogolato rispetto a come siamo abituati noi (onestamente non ho mai capito perché nei menu inglesi siano riportati *tutti* gli ingredienti di *tutte* le pietanze, viene il mal di testa!), ma creativo. E buono: garantito, visto che l’ho provato!

5. Come nel resto dell’Inghilterra, anche a Brighton troverete almeno due o tre punti di ristoro della catena Pret a manger. Si tratta di un healthy fast food che non usa additivi chimici, conservanti e coloranti. Tutto è fatto di giorno in giorno nel retrobottega del negozio, usando ingredienti freschi (date un’occhiata qui agli ingredienti che usano: magari non saranno bio, ma di sicuro sono migliori di quelli di altre catene!). Pret è un valido compromesso tra un pasto veloce (o una merenda, o una colazione!), a costo contenuto, ma che non faccia male al nostro corpo.

6. Alimenti da provare che in Italia si trovano più difficilmente: i tuberi! Non solo patate dolci, ma anche pastinaca (parsnip) e rapa svedese (swede): di solito vengono servite arrosto; hanno un sapore dolciastro che ben si accompagna alla carne.

7. La colazione tipica di Brighton non è molto… leggera. E’ la tipica English breakfast: bacon, pomodori grigliati, funghi grigliati, crocchette di patate, uova, salsicce e -spesso- black pudding; quest’ultimo è un tipo di salsiccia che viene fatto anche con il sangue del maiale. Piuttosto raccapricciante a pensarci: ricordatevene se al vostro B&B servono una “full” English breakfast! A meno che possiate mettere la mano sul fuoco che quel maiale è stato allevato all’aperto, con alimentazione naturale e senza farmaci… Forse è meglio che depenniate il black pudding.

*Se la prossima volta che andrò a Brighton troverò qualcosa di nuovo, non mancherò di aggiornare la lista!*